I calcoli renali sono aggregati di sostanze presenti nelle urine, con formazione a livello renale, che possono ostacolare il flusso verso l’esterno delle urine stesse e determinare dolore acuto (la cosiddetta colica renale) e, nei casi più gravi, infezioni a carico del rene coinvolto.
I calcoli renali sono abbastanza comuni: in base a quanto riportato dall’Istituto Superiore di Sanità, ne soffrono circa 3 uomini e 2 donne su 20. Colpiscono solitamente la fascia di popolazione compresa tra i 30 e i 60 anni, mentre sono abbastanza rari prima dei 20 anni.
La formazione dei calcoli renali dipende da più fattori, alcuni modificabili (come la dieta), altri non modificabili (familiarità).
Analizziamo insieme, e approfondiamo con maggiori dettagli cosa sono i calcoli renali, quali sono le cause e i sintomi, come si diagnosticano, quali sono le terapie disponibili e le misure di prevenzione.
Cosa sono i calcoli renali?
Di cosa parliamo in questo articolo
Anche noti come nefrolitiasi o litiasi renale, i calcoli renali sono masse solide, in alcuni casi simili a cristalli, formate dalle sostanze, come minerali e sali, che si accumulano nell’urina per effetto di dieta, stato di salute, abitudini di vita, particolarità del metabolismo, eventuali terapie farmacologiche.
Come suggerisce il nome, questi calcoli interessano organi vitali come i reni, il cui compito fondamentale è quello di filtrare e purificare il sangue dalle scorie e dalle sostanze di rifiuto, per rimuoverle infine attraverso la produzione di urina.
I calcoli renali possono variare in dimensioni, forma e colore. Le sostanze che li compongono includono ossalato di calcio, acido urico, cistina, calcio fosfato, tanto per citare le principali.
Come si formano i calcoli renali?
I calcoli renali sono il risultato di una combinazione di fattori, tra cui abitudini alimentari, stile di vita, genetica, familiarità e condizioni di salute. Non esiste, quindi, una causa specifica.
Dal punto di vista fisiopatologico, i calcoli renali si formano quando sostanze come sali e minerali presenti nelle urine superano in quantità la soglia di saturazione di queste ultime, precipitano e si aggregano, formando cristalli o masse solide.
Ma quali sono, nello specifico, i fattori di rischio per i calcoli renali? Vediamoli insieme:
- scarso consumo di acqua: la scarsa idratazione e la disidratazione vera e propria sono condizioni favorenti comuni e decisamente influenti. L’assunzione di poca acqua fa sì che le urine siano molto concentrate e che sali e minerali presenti in esse precipitino, con conseguente formazione di aggregati solidi o cristalli. Le persone che vivono in zone dal clima caldo e quelle che sudano molto sono maggiormente inclini ai calcoli renali;
- dieta ad alto apporto di sodio, zucchero, proteine e/o ossalato di calcio: l’alto consumo di cibi molto salati o di carne, per esempio, sono associati a rischio maggiore di calcoli renali;
- familiarità per i calcoli renali: in genere, le persone con una storia familiare di calcoli renali tendono a sviluppare lo stesso disturbo con più facilità rispetto a chi non presenta alcuna familiarità per il disturbo;
- obesità: sembra esserci un’associazione tra l’eccesso di tessuto adiposo e la formazione di calcoli a livello renale;
- patologie e interventi chirurgici dell’apparato digerente: il bypass gastrico e condizioni come le malattie infiammatorie intestinali possono alterare la capacità dell’apparato digerente di assorbire correttamente i nutrienti, compresi quelli coinvolti nella formazione dei calcoli renali, come l’acqua o il calcio;
- alcuni farmaci: bisogna fare attenzione, per esempio, ai lassativi (l’abuso può favorire i calcoli, soprattutto in presenza di una predisposizione), agli antiacidi a base di calcio e a certi medicinali per l’emicrania, la depressione, le convulsioni;
- uso eccessivo di integratori di vitamina C: questi preparati rappresentano un rischio soprattutto negli individui predisposti ai calcoli renali.
I calcoli renali, inoltre, sono più diffusi in persone che soffrono di condizioni come:
- ipertensione;
- fibrosi cistica;
- acidosi tubulare renale;
- cistinuria;
- gotta;
- ipercalciuria;
- cisti renali;
- osteoporosi;
- disturbi della paratiroide;
- iperossaluria;
- emiplegia/paraplegia.
Quanti tipi di calcoli renali esistono?
I calcoli renali non sono tutti uguali. Esistono, infatti, varie tipologie, tra cui:
- calcoli di calcio: sono la variante di calcolo più comune (circa il 75% dei casi). In genere, sono il risultato della precipitazione dell’ossalato di calcio, una sostanza prodotta dal fegato (ci sono patologie congenite come l’iperossaluria che comportano un’iperproduzione a livello epatico di ossalato di calcio) e assorbita tramite la dieta (è presente, per esempio, in alcuni frutti, in alcune verdure, nelle noci, nel cioccolato). Meno frequentemente, i calcoli di calcio derivano dalla precipitazione del fosfato di calcio, una sostanza la cui presenza è associata più spesso ad alcune sindromi metaboliche come l’acidosi tubulare renale e all’assunzione di farmaci per l’emicrania o le convulsioni;
- calcoli di acido urico: questa variante è più frequente di chi soffre di diarrea persistente o condizioni che comportano malassorbimento dei nutrienti, nelle persone che seguano una dieta ricca di proteine o dall’apporto di molluschi e frattaglie, nei diabetici e negli individui con sindrome metabolica. A influenzare la formazione di calcoli di acido urico, inoltre, possono essere anche fattori genetici;
- calcoli di struvite: si formano tipicamente in risposta a un’infezione del tratto urinario e sono composti essenzialmente da ammonio, fosfato e magnesio. Questi calcoli possono diventare molto grandi, talvolta senza causare sintomi, il che ne ritarda la diagnosi tempestiva;
- calcoli di cistina: questa variante colpisce le persone affette da una rara malattia genetica, chiamata cistinuria, che causa le perdita di cistina, un aminoacido, a livello renale.
Indagare il tipo di calcolo renale è importante ai fini medici, perché permette un trattamento migliore e più mirato. Inoltre, è cruciale anche in ottica prevenzione, in quanto consente di stabilire il piano comportamentale migliore e per evitare nuove formazioni.
Per tutti questi motivi, i medici consigliano di conservare un eventuale calcolo espulso in autonomia a casa, tramite le urine, e di farlo analizzare a un laboratorio analisi ospedaliero o di una clinica.
Quali sono i sintomi dei calcoli renali?
I calcoli renali tendono a essere asintomatici fintanto che non si muovono all’interno del rene o non imboccano gli ureteri, cioè le strutture tubulari strette che trasportano l’urina dall’organo renale alla vescica.
I sintomi derivanti da tali eventi (movimento all’interno del rene e discesa lungo l’uretere) sono spesso significativi e possono comprendere:
- dolore forte e acuto al fianco, alla schiena e sotto le costole;
- dolore diffuso tra la zona inferiore dell’addome e l’inguine;
- dolore che si manifesta a ondate o di intensità variabile;
- dolore e sensazione di bruciore durante la minzione;
- urina rosa, rossa o marrone;
- urina maleodorante
- bisogno costante di urinare, accompagnato talvolta da emissione di poca pipì;
- disturbi di stomaco e vomito;
- se all’origine dei calcoli c’è un infezione, febbre con brividi.
Il forte dolore prodotto dai calcoli renali è noto come colica renale. A innescarlo è il blocco dell’urina dovuto alla presenza del calcolo e i conseguenti spasmi muscolari involontari attuati nel tentativo di rimuovere l’ostruzione fisica.
È da segnalare, inoltre, che la sede del dolore può variare in funzione dello spostamento del o dei calcoli nei reni o lungo l’uretere.
Quali sono le complicanze?
Quando un calcolo renale è grande abbastanza può bloccare il flusso delle urine dal rene alla vescica e indurre queste a risalire verso lo stesso organo renale.
Ciò può determinare idronefrosi, una condizione di sofferenza per il rene che, complice il ristagno di urine che può provocare, favorisce l’insorgenza di infezioni urinarie.
Le infezioni più pericolose sono quelle che riguardano il rene (pielonefrite), le quali possono sfociare a loro volta in danno renale acuto, paragonabile a un’insufficienza renale di tipo reversibile.
Come riconoscere e diagnosticare i calcoli renali
Anche se accurata, una visita medica comprensiva di raccolta dei sintomi, esame obiettivo e anamnesi può solo far sospettare la presenza di calcoli renali.
Per la conferma diagnostica di questa condizione, infatti, servono esami strumentali e di laboratorio.
Nello specifico:
- esami delle urine: permettono di rilevare la presenza di cristalli tipicamente responsabili di calcoli, tracce di sangue (un’altra conseguenza possibile di nefrolitiasi) o segni di infezione a livello urinario. Possono contribuire alla comprensione del tipo di calcoli;
- diagnostica per immagini: radiografia, TAC ed ecografie aiutano a individuare i calcoli e valutarne caratteristiche come forma, dimensioni e numero;
- esami del sangue: servono a stabilire la funzionalità renale (se è compromesso o meno per colpa dei calcoli), rilevare eventuali infezioni e rintracciare a livello ematico sostanze (es: calcio) o condizioni tipicamente correlata alla formazione di calcoli renali.
Una diagnosi medica appropriata e tempestiva rende più efficace il trattamento e contribuisce a prevenire spiacevoli complicanze.
Quali sono rimedi e trattamenti per i calcoli renali?
Il trattamento dei calcoli renali dipende fondamentalmente da due fattori:
- le dimensioni del o dei calcoli;
- i sintomi (se sono presenti oppure no).
Se la nefrolitiasi è asintomatica e non causa altre problematiche (es: infezioni al tratto urinario), non servono trattamenti particolari. L’unica raccomandazione da parte dei medici è quella di svolgere visite di controllo periodiche, per assicurarsi che i calcoli non stiano danneggiando i reni.
Il discorso cambia quando la litiasi renale è sintomatica. In tali frangenti, le dimensioni diventano un parametro importante nel pianificare l’approccio terapeutico.
In linea generale, se il o i calcoli sono piccoli (diametro inferiore a 4 mm), le linee guida indicano di provare a espellere i calcoli tramite le urine, avvalendosi di trattamenti conservativi farmacologici e non.
Quando invece i calcoli sono di grandi dimensioni (diametro superiore ai 5-6 mm), poiché l’espulsione naturale è pressoché improbabile, è necessario un intervento più incisivo e talvolta anche più invasivo, che permette di rimuovere o frammentare i calcoli.
Trattamento dei calcoli di piccole dimensioni
In presenza di calcoli di piccole dimensioni, per favorire la loro espulsione naturale tramite le urine, è indicato innanzitutto bere molta acqua: l’idratazione induce una diuresi abbondante, la quale a sua volta favorisce la discesa dei calcoli verso la vescica e poi attraverso l’uretra.
Poiché anche il passaggio lungo le vie urinarie di calcoli seppur piccoli può risultare doloroso e non automatico, è prassi dei medici prescrivere anche dei farmaci che aiutano ad alleggerire i sintomi, come ibuprofene o paracetamolo per il dolore e un antiemetico per la nausea e il dolore, e dei medicinali che favoriscono il transito attraverso l’uretere, come l’alfa-bloccante tamsulosina.
L’espulsione tramite via naturale dei calcoli renali può richiedere da un paio di giorni a un paio di settimane. Il principale obiettivo dell’approccio conservativo è far arrivare il calcolo in vescica: da qui, infatti, l’uscita attraverso l’uretra con le urine avviene solitamente in pochi giorni.
È doveroso precisare che, prima di ricorrere a qualsiasi farmaco da banco (acquistabile anche senza ricetta medica), bisogna consultare il proprio medico curante, per accertarsi che non ci sia controindicazioni di sorta.
Trattamento dei calcoli di grandi dimensioni
Esistono varie metodiche per rimuovere/frantumare i calcoli di grandi dimensioni e quelli che, nonostante la grandezza non eccessiva, hanno resistito ai trattamenti conservativi.
Nello specifico, si sta parlando di:
- litotrissia a onde d’urto: prevede l’impiego dall’esterno di onde d’urto che frantumano i calcoli, rendendoli più piccoli ed eliminabili per via naturale. Si tratta di una procedura fastidiosa, motivo per cui, durante la sua esecuzione, è facile che trovi impiego un antidolorifico;
- ureteroscopia: eseguito in anestesia generale, questo intervento consiste nell’introduzione nell’apparato urinario, partendo dall’uretra per arrivare poi fino all’uretere, di uno strumento chiamato ureteroscopio, il quale, oltre a permettere la visione interna degli organi attraversati, consente anche la frantumazione mediante laser dei calcoli renali rintracciati durante il percorso. La rimozione dei frammenti può avvenire per via naturale, con l’urina, oppure per mezzo di strumenti di cattura chiamati cestelli. Come riporta l’Istituto Superiore di Sanità, l’ureteroscopia è efficace nel 50-80% dei casi per calcoli di dimensioni fino a 15 millimetri di diametro;
- nefrolitotomia percutanea: si tratta di un intervento di natura chirurgica, in cui il medico operante effettua un’incisione a livello della schiena, in prossimità del rene con il o i calcoli, e vi introduce il nefroscopio, fino a raggiungere proprio l’organo renale di interesse. Il nefroscopio è una sorta di sonda, che permette di individuare con esattezza il calcolo o i calcoli e frantumarli mediante tecnica laser o energia pneumatica. Eseguita anch’essa in anestesia generale, la nefrolitotomia percutanea trova impiego quando le altre metodiche meno invasive non sono applicabili. Come riportato nel sito dell’Istituto Superiore di Sanità, la nefrolitotomia percutanea è efficace nell’86% dei casi per calcoli di dimensioni comprese tra 21-30 millimetri di diametro;
- laparoscopia: si tratta di una tecnica chirurgica mini-invasiva, che prevede in genere da 2 a 4 piccoli incisioni e l’introduzione attraverso di esse degli strumenti necessari per esplorare l’organo di interesse (il rene in questo caso) e attuare le opportune operazioni. Permette di frantumare e rimuovere i calcoli. Per quanto minimamente invasiva, anche la laparoscopia è riservata ai pazienti in cui i trattamenti meno invasivi non sono applicabili.
A decidere la procedura d’intervento è il medico, il quale, per la sua scelta, tiene conto di fattori come sede ed esatta dimensione del calcolo.
Qual è la prognosi?
Nella maggior parte dei casi, la prognosi in caso di calcoli renali è benevola: in molti casi, infatti, il problema si risolve positivamente tramite rimedi conservativi (ovvero con espulsione del calcolo per via naturale, senza ricorso a trattamenti medici specifici).
Come prevenirli?
Come analizzato, la formazione di calcoli a livello renale può dipendere anche da fattori modificabili, la dieta innanzitutto.
A tavola, le regole d’oro per ridurre il rischio di nefrolitiasi sono le seguenti:
- bere almeno 2 litri di acqua al giorno: è fondamentale per mantenere le urine ben diluite ed evitare la precipitazione di minerali e sali. Per capire se le urine sono ben diluiti, bisogna osservarne il colore: se sono scure, significa che bisogna bere di più, in quanto sono molto concentrate; se sono chiare, invece, vuol dire che l’idratazione è corretta;
- limitare il consumo di proteine animali e molluschi: questa accortezza riduce, nello specifico, il rischio di sviluppare calcoli renali di acido urico;
- aumentare il consumo di frutta e verdura, meglio se di stagione: sono più ricche di acqua e maggiormente idratanti;
- in soggetti predisposti ai calcoli di calcio, fare attenzione al consumo di cibi ricchi di ossalati: tra questi alimenti figurano mandorle, arachidi, anacardi, cioccolato, barbabietola, asparagi, frutti di bosco, porri, prezzemolo, sedano, rabarbaro, cereali, germe di grano;
- limitare il consumo di alimenti ad alto contenuto di zucchero o sodio;
- tenere sotto controllo il peso corporeo, evitando sovrappeso e soprattutto obesità.
Se gli interventi comportamentali relativi alla dieta non funzionano o risultano poco efficaci, esiste la possibilità di ridurre il rischio di calcoli renali anche tramite l’uso di farmaci (che vanno affiancati a una dieta corretta).
Deve essere il medico, ovviamente, a prescrivere questi medicinali, scegliendo in base al tipo di calcolo che il paziente tende a formare. Tra i potenziali farmaci si segnalano i diuretici (per prevenire i calcoli di calcio), i preparati farmacologici che riducono i livelli di cistina nelle urine (contro i calcoli di cistina), quelli che riducono i livelli di acido urico e rendono le urine più basiche (contro i calcoli di acido urico) e, per finire, gli antibiotici (per prevenire i calcoli di struvite in soggetti con infezioni urinarie).
Domande Frequenti (FAQ)
I calcoli renali, noti anche come nefrolitiasi o litiasi renale, sono masse solide o aggregati cristallini che si formano nei reni a partire da sostanze (come minerali e sali) presenti nelle urine. Possono variare in dimensioni, forma e colore. Quando si muovono o ostruiscono il flusso di urina, possono causare un dolore acuto, chiamato colica renale.
Esistono quattro tipi principali di calcoli: di calcio, di acido urico, di struvite e di cistina. La variante più diffusa sono i calcoli di calcio, che rappresentano circa il 75% dei casi e sono generalmente composti da ossalato di calcio. Altri tipi sono associati a infezioni del tratto urinario (struvite) o a condizioni genetiche (cistina).
No, la loro formazione (nefrolitiasi) avviene specificamente a livello renale. Tuttavia, una volta formati, i calcoli possono spostarsi lungo il tratto urinario e rimanere intrappolati in strutture come gli ureteri, i tubi che portano l’urina dal rene alla vescica. Il movimento del calcolo nell’uretere è la causa tipica del dolore.
I calcoli si formano quando sali e minerali precipitano e si aggregano in masse solide. La “renella” è un termine generalmente usato per descrivere aggregati cristallini molto piccoli, a volte simili a un granello di sabbia. I calcoli renali veri e propri sono masse più grandi che, bloccando il flusso delle urine, causano sintomatologie significative e coliche.
I calcoli si formano dal punto di vista fisiopatologico quando i sali e i minerali presenti nelle urine superano la loro soglia di saturazione. Questo eccesso porta alla precipitazione e alla conseguente aggregazione di queste sostanze, che iniziano a formare cristalli e poi masse solide. Questo processo è influenzato da una combinazione di fattori, tra cui dieta, genetica e stile di vita.
Una scarsa idratazione è un fattore comune e influente, poiché porta a urine molto concentrate dove sali e minerali precipitano facilmente. Fattori dietetici includono un alto consumo di sodio, zuccheri e proteine animali. La familiarità è un rischio non modificabile. Infine, patologie come diabete, gotta, ipertensione, obesità e disturbi paratiroidei aumentano la probabilità di sviluppare calcoli.
Non sempre, dipende dal tipo di calcolo che si tende a formare. Paradossalmente, non assumere abbastanza calcio attraverso gli alimenti può contribuire alla formazione dei calcoli di ossalato di calcio, il tipo più comune. È importante notare, tuttavia, che gli antiacidi a base di calcio e gli integratori di vitamina C o calcio possono aumentare il rischio in individui predisposti.
Sì, entrambi sono fattori dietetici che aumentano il rischio. Un alto consumo di cibi ricchi di sale (sodio) e di proteine animali è associato a un rischio maggiore di calcoli. In particolare, l’alto consumo di proteine animali (carne, pesce) può aumentare il rischio di sviluppare calcoli di acido urico.
L’idratazione adeguata è il rimedio preventivo più importante, in quanto la scarsa assunzione di acqua è un fattore determinante per la formazione. Bisogna bere almeno 2 litri di acqua al giorno per mantenere le urine ben diluite ed evitare la precipitazione di sali e minerali. Il colore chiaro delle urine è un buon indicatore di corretta idratazione.
Il sintomo più evidente è la colica renale, un dolore molto forte e acuto. Questo dolore si manifesta a ondate e inizia tipicamente al fianco, alla schiena o sotto le costole. Con lo spostamento del calcolo, il dolore tende a irradiarsi verso il basso, diffondendosi tra l’addome inferiore e l’inguine. Possono essere presenti anche nausea, vomito e sangue nelle urine.
Per la conferma diagnostica sono necessari esami strumentali e di laboratorio. Gli esami del sangue e delle urine sono usati per controllare la funzionalità renale, rilevare infezioni e misurare i livelli di sostanze come calcio o acido urico. La diagnosi per immagini, come la TAC, l’ecografia o la radiografia, è fondamentale per individuare i calcoli, valutare la loro dimensione, forma e posizione.
Sì, è cruciale. Se si espelle un calcolo, è consigliato conservarlo e farlo analizzare in laboratorio. Conoscere la composizione chimica del calcolo è fondamentale per identificare la causa della formazione e per stabilire il piano comportamentale (come la dieta) o farmacologico più appropriato e mirato, prevenendo così la formazione di nuove recidive.
