Il diabete di tipo 1 è una malattia cronica autoimmune, responsabile di iperglicemia, che insorge a seguito della distruzione delle cellule del pancreas deputate alla produzione di insulina.
L’insulina è un ormone fondamentale per la salute: si occupa, infatti, di regolare la glicemia favorendo il passaggio del glucosio dal sangue ai tessuti.
Il diabete di tipo 1 si caratterizza per quattro sintomi:
- senso di sete intenso;
- bisogno di urinare spesso;
- stanchezza;
- perdita di peso a dispetto di un grande appetito.
Approfondiamo insieme, e analizziamo con maggiori dettagli cos’è il diabete di tipo 1, quali sono le sue cause e i suoi sintomi, quali sono i trattamenti a disposizione e come prevenire le complicanze.
Cos’è il diabete di tipo 1?
Di cosa parliamo in questo articolo
- Cos’è il diabete di tipo 1?
- Quali sono le differenze con il diabete di tipo 2?
- Come funziona il diabete di tipo 1?
- Quali sono le cause del diabete di tipo 1?
- Quali sono i sintomi del diabete di tipo 1?
- Quali sono i segni del diabete di tipo 1
- Come si diagnostica il diabete di tipo 1?
- Come si cura il diabete di tipo 1?
- Quali sono le complicanze del diabete di tipo 1?
- Si può guarire dal diabete di tipo 1?
- Domande frequenti (FAQ)
Noto un tempo come diabete insulino-dipendente, il diabete di tipo 1 è una forma di diabete mellito, una condizione cronica caratterizzata da alti livelli di glucosio nel sangue (iperglicemia).
Più precisamente, è una malattia autoimmune, dal carattere cronico, che insorge per la mancanza completa dell’ormone insulina (il che spiega il suo primo nome), mancanza dovuta alla distruzione delle cellule beta del pancreas (che producono proprio l’insulina) presenti nelle cosiddette isole di Langerhans.
Secondo i dati forniti dal sito Epicentro dell’Istituto Superiore di Sanità, il diabete di tipo 1 riguarda circa il 10% delle persone con diabete e in genere insorge nell’infanzia o nell’adolescenza: bambini (in genere attorno ai 5 anni) e adolescenti (tra i 10 e i 14 anni) sono i soggetti più colpiti.
Occorre precisare, tuttavia, che, seppur più raramente, è possibile anche un’insorgenza in età più adulta, dopo i 20 anni.
Quali sono le differenze con il diabete di tipo 2?
Un’altra forma molto diffusa di diabete mellito, contraddistinta anch’essa da iperglicemia, è il cosiddetto diabete di tipo 2.
Si tratta di una patologia molto diffusa, che colpisce solitamente gli anziani e gli adulti che si avviano alla terza età.
La principale differenza tra diabete di tipo 1 e diabete di tipo 2 riguarda l’insulina: mentre nel diabete di tipo 1 l’insulina è fortemente ridotta o completamente assente, nel diabete di tipo 2 l’insulina è presente ma i tessuti sono insensibili alla sua presenza.
Meglio conosciuta come insulino-resistenza, l’insensibilità dei tessuti all’insulina tipica del diabete di tipo 2 impedisce all’insulina di espletare le sue funzioni fisiologiche rispetto al glucosio, il che sfocia in iperglicemia.
È doveroso precisare che, spesso, in genere nelle fasi successive della malattia, come conseguenza naturale dell’insulino-resistenza, anche nel diabete di tipo 2 si assiste a una carenza di insulina: l’organismo, infatti, interpretando l’insulino-resistenza come una carenza dell’ormone, stimola in modo esagerato e continuativo le cellule beta pancreatiche, le quali finiscono per esaurire la loro capacità produttiva o per danneggiarsi in modo irrimediabile.
Come funziona il diabete di tipo 1?
Per comprendere cosa avviene nel diabete di tipo 1, occorre ripassare il ruolo dell’insulina, un ormone prodotto dal pancreas con un ruolo centrale nello sviluppo della malattia.
L’insulina serve a regolare i livelli di glucosio presenti nel sangue. In condizioni normali, funziona nel seguente modo:
- il corpo scompone il cibo ingerito fino a ridurlo a glucosio, la principale fonte di energia per l’organismo umano;
- una volta generato, il glucosio entra nel flusso sanguigno. Questo evento è il segnale che indica al pancreas di produrre insulina;
- l’insulina si occupa di far entrare il glucosio presente nel sangue (glicemia) nelle cellule muscolari, epatiche e adipose, affinché queste possano usarlo come fonte energetica per le attività fisiologiche o immagazzinarlo per un uso successivo;
- quando il glucosio entra nelle cellule bersaglio (attraverso un meccanismo recettoriale), la sua concentrazione nel sangue chiaramente diminuisce e l’attività secretoria del pancreas si riduce di conseguenza.
A questo punto, si hanno tutti gli elementi per comprendere cosa avviene nel diabete di tipo 1.
Nel soggetto con questa malattia, le cellule beta del pancreas sono molte meno del normale, per oltre il 90% distrutte, ragion per cui c’è anche poca insulina o non ce n’è affatto.
L’assenza dell’insulina fa saltare tutti i meccanismi di regolazione della glicemia a essa collegati, con la conseguenza che il glucosio rimane e si accumula nel sangue (iperglicemia) anziché entrare nei tessuti bersaglio.
Quali sono le cause del diabete di tipo 1?
Il diabete di tipo 1 rientra tra le malattie autoimmuni. Questo significa che scaturisce da una reazione anomala del sistema immunitario.
Più nello specifico, questa reazione anomala ha per protagonisti degli anticorpi anomali, chiamati autoanticorpi anti-insula pancreatica (ICA), i quali aggrediscono fino a distruggere le cellule beta pancreatiche delle isole di Langerhans.
Al momento l’esatta causa della reazione autoimmune responsabile del diabete di tipo 1 è sconosciuta. Medici e ricercatori, tuttavia, ritengono plausibile che l’insorgenza della malattia possa dipendere da una combinazione tra specifici fattori genetici predisponenti (la ricerca ha portato alla luce diversi geni collegati alla patologia) e fattori ambientali come, per esempio, infezioni virali o sostanze tossiche disperse nell’ambiente.
A conferma della sua connessione con fattori genetici, il diabete di tipo 1 è una malattia che presenta una certa familiarità: i figli di persone con diabete di tipo 1 sono più a rischio di sviluppare la patologia.
Conoscere questo aspetto è importante in ottica diagnosi precoce.
Quali sono i sintomi del diabete di tipo 1?
Come accennato nell’introduzione, il diabete di tipo 1 si caratterizza in particolar modo per quattro sintomi, che la letteratura inglese definisce con l’espressione “le 4 T”:
- polidipsia (in inglese viene indicata con la parola Thirsty): corrisponde all’aumento della sete;
- poliuria (in inglese Toilet): è il bisogno di urinare spesso;
- stanchezza (in inglese Tired): si presenta con carattere persistente;
- perdita di peso a dispetto di un aumento dell’appetito (in inglese Thinner): questa manifestazione è anche nota come polifagia paradossa.
Il quadro dei sintomi, tuttavia, non si esaurisce così; altre manifestazioni possibili, infatti, sono anche:
- visione offuscuta;
- senso di bocca asciutta;
- lentezza nella guarigione delle ferite;
- nicturia (bisogno di urinare di notte);
- facilità a contrarre infezioni, in particolare a livello di gengive, vagina (nella donna) e cute;
- prurito cutaneo e cute secca;
- cefalea.
In genere, in chi sviluppa il diabete di tipo 1, i sintomi compaiono molto velocemente, nel giro di pochi giorni o settimane, soprattutto nei pazienti più giovani.
Quali sono i segni del diabete di tipo 1
Il segno più caratteristico del diabete di tipo 1 è l’iperglicemia a digiuno, ovvero l’alta concentrazione di glucosio nel sangue a stomaco vuoto.
Frutto della scarsità, o in alcuni casi anche assenza, di insulina, l’iperglicemia è la responsabile dei sintomi che caratterizzano la malattia.
Altri segni osservabili sono la glicosuria (glucosio nelle urine) e la chetonuria (chetoni nelle urine).
Come si diagnostica il diabete di tipo 1?
Diagnosticare il diabete di tipo 1 è relativamente semplice. Dopo una doverosa valutazione dei sintomi e l’immancabile anamnesi, i medici si affidano a:
- misurazione della glicemia: eseguita su un campione di sangue, permette di verificare la concentrazione di glucosio ematico. In genere, sono previsti una misurazione a digiuno e una in un qualsiasi momento della giornata. Quantità di glucosio oltre i limiti della normalità in entrambe le occasioni (sia a digiuno che in un qualsiasi momento della giornata) sono fortemente indicativi di una condizione di diabete;
- test dell’emoglobina glicosilata: altro esame del sangue, esso permette di stabilire i livelli medi di glucosio nel sangue negli ultimi 2-3 mesi. Arricchisce quanto osservato con la misurazione della glicemia. Inoltre, permette di controllare la malattia nel tempo;
- test degli autoanticorpi ICA: serve a ricercare nel sangue gli autoanticorpi anti-insula pancreatica, che rappresentano un segno distintivo del diabete di tipo 1;
- esame delle urine: è rivolto a verificare gli aspetti visivi, chimici e microscopici dell’urina. In presenza di diabete di tipo 1, è molto importante la valutazione della quantità nelle urine di glucosio e chetoni, in quanto fornisce indicazioni in merito alla gravità della condizione.
L’individuazione degli autoanticorpi, combinata alle altre evidenze di diabete, è determinante nel distinguere il diabete di tipo 1 dal diabete di tipo 2 (in cui gli autoanticorpi risultano assenti).
Come si cura il diabete di tipo 1?
Ciascun paziente affetto da diabete di tipo 1 rappresenta un caso particolare. Questo significa che la gestione terapeutica della patologia deve essere personalizzata, in funzione delle caratteristiche del malato, dall’età alla quantità di attività fisica giornaliera.
Il trattamento del diabete di tipo 1 si basa su tre capisaldi, che si andranno ad approfondire successivamente punto per punto:
- la terapia a base di insulina;
- il monitoraggio regolare della glicemia;
- il conteggio dei carboidrati.
L’obiettivo finale della terapia per il diabete di tipo 1 è mantenere la glicemia entro intervalli normali, in modo da garantire al paziente la miglior qualità di vita.
Terapia a base di insulina
La terapia a base di insulina consiste nella somministrazione quotidiana, talvolta più volte al giorno, di insulina sintetica. Essa serve a coprire la mancanza dell’ormone fisiologico, prodotto dal pancreas.
Esistono diversi tipi di insulina sintetica, che si distinguono per la velocità di azione (ce ne sono di più veloci e di più lente) e per la permanenza nell’organismo.
La quantità di insulina somministrata è variabile e dipende da fattori quali età, peso corporeo, livello di attività fisica svolta, alimentazione e glicemia del momento.
La terapia insulinica per il diabete di tipo 1 comprende una dose basale, che corrisponde alla costante erogazione di insulina indipendente dai pasti (si protrae per tutte le 24 ore della giornata), e una dose per i pasti, che serve a controllare le variazioni glicemiche conseguenti all’ingestione di cibo.
Esistono diversi modi di assumere l’insulina sintetica; ecco, di seguito, le varie modalità:
- iniezione multipla giornaliera: l’assunzione avviene per mezzo di un’apposita siringa. A ogni iniezione, bisogna prelevare la quantità prevista di insulina sintetica da una fiala di stoccaggio. Questo significa che, a seconda delle necessità, è possibile variare la dose di insulina a ogni iniezione. La somministrazione può avvenire nel tessuto adiposo di addome, braccio, coscia o gluteo. Questa modalità è la più economica, ma presenta delle insidie che riguardano il rischio di sbagliare dosaggio;
- penna: come la siringa, sfrutta la strategia dell’iniezione, con la differenza, però, che la penna è già preriempita. A ogni somministrazione bisogna cambiare l’ago (in quanto è monouso).
La penna è una buona soluzione per chi ha paura di sbagliare dosaggio; - pompa (microinfusore): questo dispositivo eroga insulina attraverso un piccolo catetere applicato solitamente nel tessuto sottocutaneo dell’addome o di un’altra area sufficientemente carnosa. Le pompe di insulina somministrano il farmaco in modo continuativo, 24 ore su 24, simulando un po’ l’azione del pancreas;
- insulina inalatoria ad azione rapida: l’assunzione avviene per via orale, tramite un apposito inalatore. Tramite questa modalità di somministrazione, l’azione è molto rapida.
La scelta del dosaggio e della modalità di somministrazione spetta all’endocrinologo, ovvero il medico specialista che si occupa di diagnosticare e curare patologie come il diabete mellito.
Monitoraggio regolare della glicemia
Le persone con diabete di tipo 1 devono monitorare attentamente la glicemia durante la giornata. Questa accortezza contribuisce a mantenere nella norma i livelli di glucosio ematici, condizione fondamentale per evitare le complicanze della malattia.
Esistono due modi per monitorare la glicemia:
- glucometro: la misurazione tramite glucometro prevede di bucare un dito a ogni misurazione, prelevare la goccia di sangue che ne deriva e applicare sulla striscia reattiva del dispositivo, al fine di ricavare i livelli di glucosio nel sangue. Si tratta della modalità più economica, con però il limite di fornire la misurazione solo al momento del controllo;
- monitoraggio continuo della glicemia (CGM): prevede l’inserimento nel tessuto sottocutaneo di un piccolo sensore capace di monitorare in tempo reale, per l’intera giornata, i livelli di glucosio nel sangue. Chiaramente, il sensore è collegato a un dispositivo che riporta i valori glicemici (alcuni modelli sono monitorabili anche tramite un’app da installare sullo smartphone). Il CGM è una metodica più precisa e più esaustiva del glucometro, in quanto fornisce un quadro completo dell’andamento glicemico nel corso della giornata. Inoltre, è dotato di un sistema di allarme, che avvisa l’utente quando la glicemia sta assumendo valori fuori dal range di normalità. L’unico svantaggio rispetto al glucometro è il prezzo maggiore.
Per un monitoraggio corretto dei livelli glicemici è fondamentale conoscere l’intervallo di valori entro cui la glicemia deve rimanere; a indicare questo dato è l’endocrinologo di riferimento, il quale lo stabilisce sulla base di fattori come l’età, lo stile di vita e lo stato di salute generale.
Un controllo adeguato della glicemia consente di evitare non solo l’iperglicemia, ma anche anche la condizione opposta: l’ipoglicemia. Un calo brusco della glicemia è un fenomeno spiacevole, che se non corretto con tempestività, può rivelarsi anche molto pericoloso (può portare al coma e, in alcuni, anche alla morte).
Conteggio dei carboidrati
Presenti in alimenti come pasta, pane, riso, latte, dolci, legumi, i carboidrati costituiscono un macronutriente molto delicato per i diabetici di tipo 1, in quanto, una volta assunti, l’organismo umano li scompone in glucosio e li riversa nel sangue, con conseguente aumento della glicemia.
Se nella persona sana la scomposizione in glucosio dei carboidrati innesca il rilascio di insulina e la successiva riduzione della glicemia, nel diabetico di tipo 1 questo non avviene per la limitatissima presenza di cellule beta pancreatiche.
Nel malato di diabete, l’unico modo per abbassare la glicemia alta dovuta a un pasto a base di carboidrati è assumere l’insulina sintetica.
Ma quanta insulina serve?
Per saperlo, è necessario contare i grammi di carboidrati assunti (sono riportati nelle etichette nutrizionali dei cibi) e calcolare, in base al rapporto insulina/carboidrati, quanto farmaco prendere.
Per impare a calcolare la dose di insulina da assumere in base al rapporto insulina/carboidrati serve il supporto dell’endocrinologo di riferimento.
Quali sono le complicanze del diabete di tipo 1?
Nel paziente con diabete di tipo 1, l’impossibilità dei tessuti di poter usare il glucosio induce questi a sfruttare un’altra fonte di energia: gli acidi grassi.
L’utilizzo degli acidi grassi, però, ha un prezzo da pagare: dal loro metabolismo, infatti, prendono vita sostanze chiamate chetoni (o corpi chetonici).
Una volta prodotti, i chetoni passano nel sangue (chetonemia), rendendolo più acido; quest’ultimo fenomeno è detto acidosi metabolica.
L’accumulo di chetoni nel sangue (iperchetonemia), combinato all’iperglicemia e all’acidosi metabolica, sfocia in una complicanza del diabete di tipo 1 molto temuta e nota con il nome di chetoacidosi diabetica.
Caratterizzata da sintomi quali alito fruttato, nausea, vomito, dolore addominale, confusione, aumento della frequenza respiratoria, la chetoacidosi diabetica non opportunamente trattata può rivelarsi anche fatale.
Una terapia adeguata permette di controllare la glicemia e conseguentemente di evitare la formazione di corpi chetonici da sfruttamento degli acidi grassi come fonte energetica.
Si può guarire dal diabete di tipo 1?
Purtroppo, dal diabete di tipo 1 non è possibile guarire. Chi ne soffre, pertanto, è destinato a convivere con esso e con tutte le sue implicazioni (assunzione di insulina quotidiana, monitoraggio della glicemia, conteggio dei carboidrati) per tutta la vita.
Ricordiamo agli iscritti del Fondo Sanimoda che i Piani Sanitari prevedono la copertura delle spese sostenute per sottoporsi a diversi esami e controlli per la gestione del diabete, alle quali si aggiunge il Servizio Monitor Salute, dedicato alle patologie croniche. Per tutti i dettagli, invitiamo a consultare il nostro sito web.
Domande frequenti (FAQ)
Il diabete di tipo 1 è una malattia cronica autoimmune che si manifesta con iperglicemia a causa della distruzione delle cellule pancreatiche che producono insulina. L’insulina è un ormone essenziale che regola i livelli di glucosio nel sangue, permettendogli di entrare nelle cellule per essere utilizzato come energia. In assenza di insulina, il glucosio si accumula nel circolo sanguigno.
Il diabete di tipo 1 è una malattia autoimmune, scatenata da una reazione anomala del sistema immunitario che distrugge le cellule beta del pancreas. L’esatta causa di questa reazione è sconosciuta, ma si ritiene che derivi da una combinazione di fattori genetici predisponenti e fattori ambientali, come infezioni virali. La malattia presenta una certa familiarità.
I sintomi principali sono quattro, spesso chiamati “le 4 T”: sete intensa (polidipsia), bisogno di urinare spesso (poliuria), stanchezza persistente e perdita di peso nonostante un grande appetito (polifagia paradossa). Altre manifestazioni possono includere visione offuscata, bocca asciutta e lentezza nella guarigione delle ferite. Questi sintomi compaiono generalmente molto rapidamente, in pochi giorni o settimane.
La diagnosi è relativamente semplice e include la misurazione della glicemia (a digiuno e casuale) e il test dell’emoglobina glicosilata (A1c) per valutare i livelli medi di glucosio nel tempo. Un esame distintivo è il test degli autoanticorpi anti-insula pancreatica (ICA), la cui presenza conferma il diabete di tipo 1 e lo differenzia dal tipo 2. Si effettua anche un esame delle urine per verificare la presenza di glucosio e chetoni.
Il trattamento del diabete di tipo 1 si basa su tre pilastri: la terapia a base di insulina sintetica, il monitoraggio regolare della glicemia e il conteggio dei carboidrati. L’insulina viene somministrata quotidianamente tramite iniezioni multiple, penne o microinfusori. L’obiettivo è mantenere i livelli di glicemia entro un intervallo normale per assicurare una buona qualità di vita e prevenire complicanze. La gestione terapeutica è altamente personalizzata.
Purtroppo, non esiste attualmente una cura per il diabete di tipo 1. Le persone affette devono convivere con la malattia per tutta la vita, gestendola con l’assunzione quotidiana di insulina e un monitoraggio costante. La ricerca, tuttavia, sta compiendo progressi significativi con l’immunoterapia (come il teplizumab) per ritardarne l’esordio e con studi sul trapianto di isole pancreatiche.
Riguarda circa il 10% delle persone con diabete e in genere esordisce nell’infanzia o nell’adolescenza, con picchi intorno ai 5 anni e tra i 10 e i 14 anni. Tuttavia, è possibile anche un’insorgenza in età adulta, dopo i 20 anni, sebbene più raramente. Negli Stati Uniti, le persone di etnia bianca non ispanica hanno una maggiore probabilità di sviluppare la condizione.
La complicanza acuta più grave e potenzialmente fatale è la chetoacidosi diabetica (DKA), dovuta all’accumulo di chetoni che rendono il sangue acido. A lungo termine, un controllo glicemico insufficiente può portare a complicanze croniche che danneggiano vasi sanguigni e nervi. Queste includono problemi agli occhi (retinopatia), ai reni (nefropatia), al cuore (malattie cardiovascolari), ai nervi (neuropatia diabetica) e ulcere ai piedi.